*A seguire la versione in inglese
VERSIONE IN ITALIANO*
Introduzione
“The Oxford Handbook of Phenomenological Psychopatology” è stato il primo vero e proprio manuale di psicopatologia fenomenologica capace di riunire i più importati fenomenologi di tutto il mondo e di raccogliere i concetti chiave dei loro studi nel campo della salute mentale. Il libro non è solo un tentativo di costruire un orizzonte comune per il paradigma fenomenologico, ma anche un riferimento utile per chiunque sia interessato a una profonda comprensione dell’essere umano. Ogni capitolo raccoglie il punto di vista della fenomenologia su un certo argomento. Ciò fornisce una sorta di mappa generale (composta da 7 sezioni, 97 capitoli e 1216 pagine) che consente a tutti, esperti e neofiti, di muoversi nel paesaggio variegato e complesso della psicopatologia fenomenologica.
Il primo obiettivo del manuale è quello di definire cosa esattamente sia la psicopatologia fenomenologica. La psicopatologia è quella disciplina che prova a comprendere e a spiegare cosa sia la sofferenza psichica. È un discorso (logos) che si focalizza sulla sofferenza (pathos) della mente umana (psyche). Come tale essa include l’analisi dei sintomi psicopatologici, ma non è riducibile ad essa. L’approccio fenomenologico considera i sintomi un fenomeno emergente da un Sé vulnerabile che cerca di dar senso alla propria esistenza.
Nel campo della psicopatologia la fenomenologia tenta di costruire una ‘visione dall’interno’, andando alla ricerca del modo per rendere possibile una comprensione (Verstehen) della persona malata, piuttosto che di una mera spiegazione causale (Erklären) della sua malattia, facendo luce sulla prospettiva in prima e in seconda persona piuttosto che solo in terza. La fenomenologia consente così alla psicopatologia di assumere una posizione centrata sulla persona e sul suo sistema di valori.
Un manuale per psichiatri
Partendo dai fondamenti storici della fenomenologia fino ad arrivare ai concetti-chiave della teoria e del metodo, attraverso una visione clinica, il manuale fornisce un ritratto chiaro della psicopatologia fenomenologica intesa come la scienza di base della psichiatria. In questo senso il libro è rivolto innanzitutto ad ogni psichiatra, perché fornisce gli strumenti di base per aver cura dell’esistenza umana sofferente e per descrivere le diversità soggettive nelle alterazioni dell’esperienza. Il cambiamento più importante richiesto ad uno psichiatra fenomenologicamente orientato riguarda il suo punto di vista sulla follia. Secondo il paradigma biologico e riduzionista, il modello più diffuso ad oggi nel campo della psichiatra, la follia è un mero epifenomeno della deviazione dalla normalità neurobiologica. Ciò significa che una conoscenza basata soltanto su metodologia tecnica e medica, su manuali diagnostici e classificazioni, non è sufficiente ad aver cura della sofferenza psichica.
Il corpus delle teorie e delle pratiche fenomenologiche ha conseguenze cruciali in questo campo: restituisce soggettività e rispetto all’esperienza della follia e porta ad una reale rivoluzione e trasformazione dei servizi di salute mentale. Una corretta attitudine fenomenologica deve riconoscere ciò che è dato per scontato e ciò che rimane nascosto nella pratica psichiatrica contemporanea, allo scopo di creare lo spazio necessario per il disvelamento della soggettività. Le opere classiche degli psicopatologi, continuamente richiamate nel manuale, incoraggiano a mettere tra parentesi la routine della classificazione nosografica, al fine di costruire e ri-costruire il tempo e lo spazio necessari a far emergere i fenomeni (le persone sofferenti nel caso della psichiatria). In questo modo salute e malattia diventano due dimensioni di uno stesso continuum, lungo il quale le caratteristiche personali di un individuo in accoppiamento con il suo ambiente danno vita ad un’esperienza impossibile da oggettificare attraverso i manuali diagnostici. Questa è la lezione clinica della grande tradizione fenomenologica: utilizzando il dispositivo della diagnosi intuitiva (per penetrazione o per sentimento), Binswanger, Jaspers, Minkowski, ma anche Basaglia e Laing, ci insegnano ad ascoltare e a sentire nella carne le storie delle persone invece di adottare categorie universali e riduzioniste. Ciononostante questo manuale non dovrebbe essere letto solo dagli psichiatri. È rivolto a chiunque sia interessato alle seguenti domande: “Cos’è la malattia mentale?” e “Cos’è l’essere umano?”. Questo è il motivo per cui questo libro dovrebbe essere letto anche dagli psicoterapeuti, dagli operatori della salute mentale, dai filosofi e dai neuroscienziati.
Un manuale per psicoterapeuti
Nel campo della psicoterapia, il manuale approfondisce e getta nuova luce su un’ampia gamma di concetti (corpo, emozioni, razionalità ecc.), essenziali per aver cura delle persone sofferenti. Ogni capitolo, infatti, fornisce informazioni utili ai clinici, costruendo una prospettiva fondata sul ruolo centrale della soggettività e delle sue alterazioni. Da un punto di vista fenomenologico, “la psicoterapia può essere definita come una ricerca di significato basata sull’arte del domandare” (Stanghellini, cap. 88). Ciò significa che se la psicopatologia va alla ricerca di un linguaggio per parlare dell’essere umano sofferente, la psicoterapia va alla ricerca di un linguaggio per parlare con lui, in primo luogo tentando di incontrarlo nel suo mondo-della-vita. Ciò diventa possibile solo attraverso l’applicazione di un metodo fondato sull’epoché, sulla comprensione empatica, eidetica e dialettica dell’individuo. Partendo dall’idea che, come esseri umani, siamo un dialogo con noi stessi e con l’alterità, e che la patologia mentale emerge come crisi di questo dialogo (Stanghellini, 2017), l’obiettivo della psicoterapia fenomenologica diventa innanzitutto costruire un dialogo con il paziente, provando a cogliere quel nesso strutturale che sta dietro i suoi sintomi. L’unità che dà coerenza al flusso di esperienza del paziente deve emergere, durante il processo psicoterapeutico, all’interno di una relazione basata sulla fiducia.In questo senso, i sintomi emergono come il risultato di un bisogno di comprensione ed auto-interpretazione. La produzione di un sintomo rappresenta l’extrema ratio con cui l’individuo tenta di rendere possibile un contatto con l’alterità. Attraverso tre diversi momenti (il primo fenomenologico, il secondo ermeneutico e il terzo dialettico) gli psicoterapeuti possono così imparare ad aiutare i propri pazienti a scoprire nuove forme di auto-interpretazione, cercando nuove dimensioni di senso e significato.
Un manuale per operatori della salute mentale
Il manuale costituisce anche un tentativo di costruire una nuova base concettuale per gli operatori della salute mentale in senso più generale. Psicologi, educatori, infermieri ed assistenti sociali possono trovare in diversi capitoli un metodo per relazionarsi con i pazienti in un modo che è allo stesso tempo umano e professionale. In particolare, la pratica dell’epoché è ciò che rende l’approccio fenomenologico diverso dagli altri modelli, perché raccomanda un’etica della sospensione della conoscenza: essere un buon operatore significa acquisire una comprensione empatica del soggetto con i suoi valori. A partire da questa premessa, diventare un buon operatore della salute mentale significa quindi imparare a neutralizzare ogni conoscenza, cogliendo l’esperienza della persona che si incontra, e con essa i suoi valori ed il suo modo di stare nel mondo. Si dovrebbe poter mettere temporaneamente tra parentesi ogni conoscenza e pregiudizio, tentando di creare uno spazio di negoziazione e scambio emotivo: uno spazio che promuova l’emergere della reciprocità e della dimensione intersoggettiva dell’esistenza, e che consenta all’esperienza del paziente di manifestarsi nella sua forma unica, riducendo il rischio di incomprensioni. In questo senso la lezione di Basaglia è fondamentale. Riscoprire Basaglia significa, paradossalmente, capire che non c’è lezione da imparare: Basaglia non prescrive né proibisce modelli, tecniche e teorie, ma radicalizza piuttosto l’approccio fenomenologico, rendendo la pratica della salute mentale una conoscenza costantemente a rischio, in bilico tra acquisizioni scientifiche e contestazioni verbali. La salute mentale sembra diventare, grazie alla psicopatologia fenomenologica, una sorta di laboratorio naturale, che consente un passo avanti per la scienza, che può così fondare la propria ricerca sui bisogni e sui desideri reali delle persone, indispensabile alla scienza per interrogare sé stessa (Sartre, 1948; Basaglia, 1961).
Un manuale per filosofi
Il manuale offre diverse sezioni incentrate sulla costruzione di un ponte tra filosofia della mente (approccio teoretico) e neuroscienze cognitive (approccio empirico), tale da permettere a filosofi e neuroscienziati con background diversi di apprendere l’uno dall’altro attraverso lo studio di questo libro.
Nel dibattito in corso sulla definizione del concetto di autocoscienza, i filosofi stanno enfatizzando il ruolo essenziale del corpo (di cui fa parte il cervello), concepito come la fonte costitutiva dell’autocoscienza pre-riflessiva. Negli ultimi anni si discute ampiamente su come il cervello, il corpo e il mondo interagiscano tra loro, e si è iniziato a guardare al corpo come base della nostra esperienza cosciente. L’idea del corpo come primo veicolo del nostro essere-nel-mondo affonda storicamente le radici nella tradizione fenomenologica, per la quale l’esperienza di noi stessi come esseri coscienti è stata approfondita nel suo duplice aspetto di corpo-soggetto e di corpo-oggetto. Volendo fare un parallelo a livello epistemologico, il primo si ritrova nell’approccio classico della fenomenologia, che privilegia l’indagine sull’esperienza soggettiva vissuta dal punto di vista della prima persona; il secondo si avvicina invece alla procedura classica usata dalla scienza, che osserva i fenomeni da una prospettiva in terza persona. Un ulteriore scopo di questo libro è quello di unificare queste due vie nel procedere delle ricerche filosofico-scientifiche. In questa prospettiva, come afferma la neurofenomenologia, sia nel campo della normalità che della psicopatologia, il nucleo stesso del Sé è determinato dalla relazione dinamica tra l’esperienza fatta dalla prospettiva in prima persona e da quella fatta dalla prospettiva in terza persona, che consente all’uomo di agire nel mondo in modo adattivo, costruendo un senso di sé coerente (Gallese, 2014).
Un manuale per neuroscienziati
Al fine di comprendere al meglio la natura della relazione tra l’attività cerebrale e l’esperienza umana, il manuale cerca di colmare il divario tra una concezione fenomenologica del Sé con gli sviluppi contemporanei più importanti delle neuroscienze. L’errore principale commesso dall’approccio organicista, ancora purtroppo predominante nel campo della salute mentale, è concentrare la propria attenzione solo sul cervello e sul livello biologico, considerato in maniera indipendente dal contesto ecologico in cui ogni persona si trova situata; ne consegue che, in una condizione come la depressione, i sintomi psicopatologici vengano concepiti solo in termini cognitivi o neuronali, escludendo completamente di prendere in considerazione l’esperienza soggettiva vissuta dai pazienti e l’importanza della sua comprensione. Al contrario, un approccio neuro-fenomenologico pone l’accento sull’importanza di includere l’esperienza del soggetto nel contesto ecologico dell’ambiente in cui vive, in una continuità che si presume sia mediata dal corpo (Northoff e Stanghellini, 2016). Ad esempio, come sostiene Georg Northoff, secondo la fenomenologia il ponte che può unificare l’esperienza e l’attività neurale è trovare una “moneta comune” condivisa da entrambi, esperienza e cervello e che, allo stesso tempo, sia la base su cui si fondare l’esperienza del sé, del corpo, del mondo e dei cambiamenti di attività neurale nel cervello. Un buon candidato sembra essere la dimensione spazio-temporale, dato che le alterazioni nel tempo e nello spazio possono manifestarsi sia nelle alterazioni dell’esperienza di sé, del corpo e del mondo, sia nei cambiamenti anomali dell’attività neuronale nel cervello. Tali caratteristiche spaziali e temporali sono vissute in una prospettiva in prima persona, come descritto per esempio dal concetto di “tempo fenomenico” (Northoff e Stanghellini, 2016) e nell’idea di “flusso di coscienza” (James 1890), ma anche in una prospettiva in terza persona, quando i clinici e gli scienziati osservano cambiamenti ed alterazioni nell’anatomia e nella fisiologia cerebrale.
Conclusioni
Dalla lettura del manuale emerge che la psicopatologia fenomenologica, con i suoi metodi e concetti, rappresenta un punto di vista essenziale e quasi indispensabile per molte discipline, tra le quali ci sono sicuramente la psichiatria, la psicoterapia e la psicologia. Come abbiamo visto, la fenomenologia può anche adattarsi agli standard della ricerca empirica, entrando in contatto con discipline che sembrano molto lontane da essa come le neuroscienze. Le scienze cognitive, la psichiatria e la psicologia potrebbero trarre profondi benefici in termini di costruzione di pratiche cliniche e modelli teorici nuovi assumendo una posizione fenomenologica sulla mente umana. Sottolineare l’importanza delle strutture soggettive ed intersoggettive della mente, sia nelle esperienze ordinarie che in quelle patologiche, rappresenta il cuore dell’approccio fenomenologico. Riunendo discipline che guardano lo stesso oggetto da diversi punti di vista, sembra in fondo essere la soluzione migliore quando si cerca di rispondere alle domande già menzionate: “cos’è l’essere umano?” e “cos’è la malattia mentale?”.
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ENGLISH VERSION
Introduction
“The Oxford Handbook of Phenomenological Psychopathology” aims at bringing together the most relevant phenomenologists from all around the world and collecting key concepts of their studies on mental disease. The book is not only an attempt to build a common horizon for phenomenologists, but also a useful picture for anyone interested in a deep understanding of human beings. Every chapter of the book is a summary of the phenomenological view on a certain topic. This provides a sort of a big map (consisting of 7 sections, 97 chapters and 1216 pages) that allows everyone, experts but also neophytes, to move into the complex landscape of phenomenological psychopathology.
The first aim of the book is to define exactly the boards of phenomenological psychopathology. Psychopathology is the discipline that makes sense of the suffering psyche. It is a discourse (from latin logos) focusing on the sufferings (pathos) of human mind (psyche). Psychopathology includes the analysis of symptoms but is not reducible to it. According to a phenomenological approach, symptoms are taken as the outcome of a vulnerable self who tries to face his own existence.
In the field of abnormal psychic phenomena, what phenomenology has to say is precisely a ‘view from within’, that is a way to make possible a comprehension (Verstehen) of an ill person instead of a mere casual explanation (Erklären) of his/her mental disease, a way to shed light on a first and second person perspectives rather than just a third one. Phenomenology allows psychopathology to assume a person-centered, person-oriented and values-based attitude.
A handbook for psychiatrists
From the historic foundations of phenomenology to its methodological and conceptual keys, through a clinical view, the book provides a clear portrait of phenomenological psychopathology as the basic science of psychiatry. In this sense, the book is addressed to every psychiatrist first, because it provides the basic tools for caring troubled human existence and for describing the subjective diversity of experiential alterations. The most important change required to a phenomenologically- oriented psychiatrist is about his point of view on madness. According to the biological and reductionist paradigm, the mainstream model in the field of psychiatry, madness is a mere epiphenomenon of a deviation from neurobiological and behavioural ordinariness. This means that a knowledge based only on technical and medical methods, on diagnostic manuals and classifications, is not sufficient to take care of suffering people.
The corpus of phenomenological theories and practices has crucial consequences in this domain: giving back subjectivity and respect to madness’ experience and leading to a real revolution and transformation of mental health services. A correct phenomenological attitude must recognize the taken for granted and the unexplored hidden in psychiatric practice, in order to create the necessary space for the disclosure of the original subject. The classical works of phenomenological psychopathologists, recalled in the handbook, encourage to reject the routine of classifying patients using predetermined categories, with the aim to build and re-build time and space necessary for the emergence of pure phenomena (suffering people in the case of psychiatry). In this way, health and disease become two dimensions placed along a fluid continuum, in which individual and environmental characteristics of a person create an experience impossible to be objectified using diagnostic manuals. This is the clinical lesson of the great phenomenological tradition: using a sort of intuitive diagnosis, Biswanger, Jaspers, Minkowski, but also Basaglia and Laing, teach us to listen and feel stories rather than adopt universal and reducing categories.
Nevertheless, the Handbook should be read not only by psychiatrists. It is for everyone interested in the following questions: ‘what is mental illness?’, and ‘what is human being?’. This is the reason why the book should also be read by psychotherapists, mental health workers, philosophers and neuroscientists.
A handbook for psychotherapists
In the field of psychotherapy, the Handbook provides a clarification of a large number of concepts (body, emotions, rationality etc.) essential to take care of suffering patients. Every chapter, indeed, gives useful information for clinicians, building a perspective based on the central role of subjectivity and its distortions. From a phenomenological point of view, “psychotherapy can be defined as a quest for meaning based on the art of questioning” (Stanghellini, cap. 88). This means that if the psychopathology looks for a language to talk about a suffering human being, psychotherapy looks for a language to talk with him, firstly by trying to encounter him in his Life-world. This becomes possible through a method founded on the praxis called epoché, on the empathic, eidetic and dialectic understanding. Starting from the idea that, as human beings, we are a dialogue with ourselves and with other persons and that mental pathology is the crisis of this dialogue (Stanghellini, 2017), the aim of the phenomenological psychotherapy is, first of all, to construct a dialogue with the patient and then to grasp the structural nexus behind his symptoms. The unity that gives coherence the patient’s flow of experience must emerge, during the psychotherapeutic process, within a relationship of trust.
In this way symptoms represent the outcome of a need of comprehension and self-interpretation. The production of a symptom is the extrema ratio for alterity to become discernible for one person. Through three different moments, a phenomenological, a hermeneutical and a dialectical one, phenomenological psychotherapists can learn how to help their patient in discovering new forms of self-interpretation, looking for new dimensions of sense and meaning.
A handbook for mental healthcare workers
The Handbook constitutes also an attempt to build a new conceptual basis for mental healthcare workers, in a more general sense. Psychologists, educators, nurses and medical assistants could find in different chapters a method to relate with patients in a human way. In particular, the practice of epoché is what makes the phenomenological approach different from other models, because it recommends an ethic of loss of knowledge: being a good clinician means gaining an empathic comprehension of the subject with his/her values. From this premise, in order to become a good mental healthcare worker, one must learn to neutralize every knowledge, grasping the experience of the person one meets and his/her way to live in the world. Furthermore, one should abandon temporarily every knowledge, trying to create a space for negotiation and emotional exchange. A space which promotes the emergence of reciprocity, shared intersubjective sense, and that allows a patient’s experience to manifest itself in its unique shape, reducing the risk of misunderstandings. In this sense the lesson of Basaglia is fundamental. Rediscovering Basaglia means, paradoxically, to understand that there is no lesson to learn: Basaglia doesn’t prescribe nor forbids models, techniques and theories, but rather radicalizes phenomenological approach, making mental health practice a knowledge constantly at risk, hanging in the balance between scientific acquisitions and speech contestations. Mental health seems to become, thanks to phenomenological psychopathology, a sort of natural laboratory, allowing an improvement of science grounded on real people’s wishes, indispensable for science to enquiry itself (Sartre, 1948; Basaglia, 1961).
A handbook for philosophers
The book offers several sections focusing on the construction of a bridge between philosophy of mind (theoretical approach) and cognitive neuroscience (empirical approach), so that also philosophers and neuroscientists with different backgrounds could take advantage of this handbook.
In the ongoing debate on the definition of Self-consciousness, philosophers are emphasizing the essential role of the body (of which the brain is a part), conceived as the constitutive source of pre-reflective self-consciousness. Especially in the last years, they are widely discussing how the brain, the body and the world interact with each other, working on the notion of the body as the basis for our conscious experience. The idea of the body as the first vehicle of our being-in-the-world is historically grounded in the phenomenological tradition, where the experience of ourselves as conscious human being has been conceptualized in a double aspect: lived from within as body-subject or observed from outside as body-object. If we wanted to make an epistemological parallel, the former would correspond to the classical conception of phenomenology, which privileges investigation of subjective experience lived from the first-person perspective; on the other hand, the latter would correspond to the classical procedure used by science, which observes phenomena from a third-person perspective. An additional aim of this book is to unify these two sides of philosophy proceeding. In this perspective, as claimed by neuro-phenomenology, in both pathological and healthy people, the very core of the self is determined by the dynamic relationship between the experience made from the first-person perspective and the third-person perspective, which enables human beings to properly act in the world and to build a coherent sense of self (Gallese, 2014).
A handbook for neuroscientists
In order to better understand the nature of the relationship between the brain activity and the human experience, the handbook tries to fulfill the gap between a phenomenological conception of the self with the major advancements in neuroscience. The main mistake made by predominant organicist approach in mental illness is the focus on the brain itself independently of its respective ecological context; it follows that, in a condition like depression, psychopathological symptoms are conceived only in cognitive or neuronal terms, ruling completely out the importance of understanding and taking into account the subjective experience lived by patients. On the contrary, a neuro-phenomenological approach emphasizes the inclusion of the subject of experience within the ecological context of the world, in a continuity assumed to be mediated by the body (Northoff and Stanghellini, 2016). For instance, as claimed by Georg Northoff, according to phenomenology the bridge that can unify experience and neural activity is to find a “common currency” shared by both, experience and brain, and, at the same time, underlies our experience of self, body, and world as well as our observation of neural activity changes in the brain. A good candidate seems to be the space-temporal feature, given that alterations in time and space may be manifest in both abnormal experience of self, body, and world as well as abnormal neural activity changes in the brain. Those spatial and temporal features are experienced in first-person perspective, as for instance described in the concept of “phenomenal time” (Northoff and Stanghellini, 2016) and the “stream of consciousness” (James 1890), and also in third-person perspective when clinicians and scientists became aware of brain network alterations.
CONCLUSIONS
After reading the book, it can be understood that phenomenological psychopathology, with its own methods and concepts, is essential for different disciplines such as psychiatry, psychotherapy and psychology. As we have seen, phenomenology may also fit the standards of empirical research, including disciplines which appear very far from it, as neuroscience. Cognitive sciences, psychiatry and psychology could profoundly benefit in terms of both clinical and theoretical practices by assuming a phenomenological conception on the human mind. Emphasizing the importance of the subjective and intersubjective structures of the mind, both in ordinary and pathological experiences, is the core of the phenomenological approach. Bringing together disciplines which look at the same object from different points of view, it seems to be the best solution when trying to answer the aforementioned questions: ‘what is human being?’ and ‘what is mental illness?’.
REFERENCES/BIBLIOGRAFIA
- Basaglia F. (1961), Che cos’ è la psichiatria?, Baldini Castoldi, 2014.
- Gallese V. (2014), Bodily Selves in Relation: Embodied simulation as second-person perspective on intersubjectivity, Philosophical Transactions of the Royal Society, London. Series B Biological Sciences, 369 (1644), 20130177-20130177. 10.1098/rstb.2013.0177.
- James W. (1890), Principles of Psychology, New York: Dover.
- Northoff G., Stanghellini G. (2016), How to Link Brain and Experience? Spatiotemporal Psychopathology of the Lived Body, in Frontiers Human Neuroscience 10: 172.
- Sartre J. P. (1948), The age of reason, Penguin Classics, 2001.
- Stanghellini G. (2017), Lost in dialogue: Anthropology, Psychopathology and Care, Oxford University Press.