Psicoterapia

Psicoterapia e Tempo vissuto.

Analisi dei processi psichici di ‘sovrapposizione e mescolamento di stadi multipli e parziali’ della temporalità dei pazienti psichici

La ricerca non dimentica mai che svolgersi
nel mondo umano è, insieme, capire e vivere

Piro  

Il passato, il presente e il futuro si intrecciano e si lacerano, si frantumano,
senza che sia possibile coglierne le ragioni…

Borgna

Il seguente saggio tratta del tempo interiore e della temporalità, per chi scrive, dei processi psichici  di ‘sovrapposizione e mescolamento di stadi multipli e parziali’ della coscienza del tempo dei pazienti[1] durante la sofferenza oscura detta psichica.[2] Per chi scrive affrontare, congiuntamente, il problema[3]del tempo vissuto (pathos)e delle prassi di cura (psicoterapia)[4] significa, in prima istanza, svincolarsi dalle rigide concezioni provenienti dal sapere psicologico tradizionale2 e lasciarsi andare alle influenze di altre discipline adiacenti (psicopatologia, neuroscienze) che contribuiscono ad arricchire la conoscenza e il bagaglio tecnico del terapeuta.

La sofferenza psichica per la sua costruzione e interpretazione, per la sua oscurità, non potrà mai ridursi a oggetto di intervento specifico o specialistico privo del senso del tempo o dei legami agli accadimenti esterni. Pare quasi che, a proposito di tale argomento, la psicologia abbia deciso di ‘gettare la spugna’, non svolgendo nessun’altra ricerca, delegando alle neuro-immagini o alla psicofarmacologia il compito di comprenderlo e affrontarlo dal punto di vista terapeutico.

«Deve esserci in lui [nello psicopatologo] come una immedesimazione nell’altro … Lo psicopatologo è legato alla propria capacità di vedere, di sperimentare interiormente e alla propria ampiezza di orizzonti, all’apertura verso nuovi problemi e alla propria ricchezza spirituale».[5]

Per affrontare il tema è necessario, pertanto, essere liberi da preconcetti e pregiudizi al fine di rendere più chiari e precisi i concetti che vi si riferiscono. Per progredire positivamente nella ricerca clinica, dunque, è sempre indispensabile compiere, in primo luogo, un lungo cammino tra le scienze umane della cura mettendo in relazione il mondo del paziente con il tempo interiore della sofferenza oscura. Dopo anni di lavoro in campo “psicologico-psichiatrico” chi scrive è convinto che, riguardo la cura della sofferenza, occorra esaminare e comprendere le peculiarità del tempo vissuto-interiore, della cronodesi (legame agli orizzonti temporali), il costituirsi degli stadi temporali (presente, passato, futuro) del paziente, in altre parole, studiarne i momenti strutturanti e costitutivi, che nel corso dei vari accadimenti della vita, e che vanno a costituire l’ossatura nel paziente, i punti di forza e di debolezza del mutamento personale, di ciò  che, al livello soggettivo,  diviene il “suo” tempo percepito.

I processi psichici di ‘sovrapposizione e mescolamento di stadi multipli e parziali della temporalità dei pazienti psichici appaiono di fondamentale importanza per i nostri studi anche quando sono diretti a qualcosa che non è determinato.

«Il passato, il presente e il futuro si intrecciano e si lacerano, si frantumano, senza che sia possibile coglierne le ragioni: e, ancora memoria e speranza, passato e futuro, si mescolano l’una con l’altra: senza che sia possibile distinguerle».[6]

Il tempo interiore è un tempo che incontra nel patire, e nella quotidianità, il tempo della natura, del mondo, della storia. Altresì occorre infine chiarirne le reciproche differenze costitutive tra presente/passato/futuro, cogliere le deficienze (i guasti, le rotture, le contraddizioni) della trama temporale che si manifesta proprio durante lo stato di sofferenza oscura.

«…l’esistenza, essendo già sempre proiettata, oltre ciò che di volta in volta è, verso ciò che può essere e può fare di sé, si dilata essenzialmente nel futuro, dunque nel tempo».[7]

Per il paziente la distinzione tra passato, presente e futuro non richiama però delle tappe a sé stanti: il tempo interiore, elemento costitutivo dell’individuo è onnipresente, si manifesta lungo un continuum, che non ha mai fine, dove il passato non è mai definitivamente passato ma “prende forma” nel presente (e assume un nuovo significato) e dove il presente è in grado di riunire il “non più” di ciò che è stato e il “non ancora” di ciò che sarà. 

«L’esperienza del tempo, quindi, si concretizza in una linea fluida sulla quale trovano ordine i dati della coscienza».[8]

Il tempo interiore, quindi, è al centro di una riflessione sulle prassi di cura che ci si augura abbia dei risvolti applicativi nel campo psicologico/psicopatologico. La cura della sofferenza oscura (nevrosi, depressioni psicogene e ontiche, tensioni emozionali) è, almeno inizialmente, una pratica temporale e una pratica intuitiva.

La sofferenza ci mostra che il fenomeno del tempo interiore si organizza nella coscienza riflettente diversamente da come lo concepiamo di solito, mette in rilievo caratteri essenziali di questi fenomeni che, proprio a motivo della poca distanza che ci separa da essi nella vita, passerebbero inosservati o sarebbero considerati del tutto naturali e poco utili nella clinica.[9]

Il tempo vissuto può condizionare ciò che accade nella realtà.  A volte ci impedisce di dare una direzione al vivere facendoci oscillare tra il passato (“museificazione di ciò che è accaduto o ricordo”) e proiettandoci verso un futuro che non esiste ancora (il desiderio verso ciò che deve ancora accadere o patologia dell’accelerazione). Gli psicologi Zimbardo e Boyd (2009)[10] ci mostrano come solitamente tendiamo a sviluppare e privilegiare una particolare prospettiva temporale, che può essere orientata al futuro, al presente o al passato (rivissuto in positivo o in negativo), determinante per i nostri atti, ma anche per la cultura. Possiamo adoperare degli strumenti di dialogo per analizzare la propria prospettiva temporale avendone consapevolezza di sé stessi e grazie a uno sforzo, possiamo modificarla per cercare di raggiungere una prospettiva equilibrata e così liberarsi dalla schiavitù psicologica che ci tiene attaccati al passato, o concentrati sul presente o ossessionati dal futuro. Inoltre l’analisi di Minkowski (1885-1972) si pone, in questi casi, essenzialmente come strumento di gerarchizzazione degli atti esistenziali sulla base delle differenti modalità attraverso cui il tempo (e la temporalità) sono esperiti e vissuti, all’interno di una prospettiva capace di comprendere, al contempo, tanto la condizione definita “normale” che il “patologico”: l’esperienza del tempo non può che diventare l’orizzonte trascendentale di comprensione della molteplicità delle configurazioni soggettive (le percezioni del tempo interiore). A partire da Minkowski l’analisi della temporalità si lega alla dimensione psicopatologica dell’esistenza e al vissuto. Ma, come detto, il tempo interiore si costituisce anche a partire dal tempo del legame agli orizzonti (cronodesi, ipertempo[11]).

Anche per tutto ciò ci interessa comprendere, fenomenologicamente, ciò che accade nella coscienza del tempo, lo scacco nell’accadere (termine usato da  Binswanger), le modalità umane (intenzionalità e paticità) che il paziente adotta rispetto  alle figure interiori del passato, del presente e del futuro durante una fase di sofferenza psichica o una malattia organica, il suo rapportarsi agli accadimenti esterni.

Ogni momento della vita di un paziente è connesso a una relazione costante con gli orizzonti subentranti del tempo (legame al tempo o cronodesi) e con la triade temporale che si compone del passato-presente- futuro. Nella coscienza prendono forma, rispetto al tempo interiore, veri e propri stadi multipli e parziali della temporalità, in alcuni casi accadimenti etero- trasformazionali e auto-trasformazionali.

Tab.1 Tempo Psicopatologico

Schizofrenia il tempo si frantuma in profondità, viene cancellato il presente e il futuroDepressione il tempo si spezza, il futuro si dissolve, il presente è divorato dal passatoEsaltazione maniacale il tempo è bruciato da una euforia senza confini, il tempo si sfilaccia e si scompone in mille frammenti che non hanno né passato né futuro; presente senza storia

Tutta la vita del paziente, soprattutto durante la sofferenza oscura, si organizza tenendo presente i ritmi diversificati del tempo esterno (durata dell’orologio) e del tempo interno (pathos). Ovunque ci sembra che percorriamo il tempo da un lato e dall’altro della nostra stessa vita.

Nella sofferenza sperimentiamo una distorsione del tempo: il limite personale, la perdita della sicurezza interiore, l’isolamento da noi stessi, la privazione. Nel tempo del dolore ci rendiamo conto di come la realtà che ci attende sia soggetta a pericoli inattesi (cambiamento repentino) e a futuri incerti.
La sofferenza spesso ci conduce a un accadere “repentino”, a una situazione – limite nella quale la vita ci appare fragile, incerta e vulnerabile: limitata a una rigida percezione del tempo interiore, privata dalle quotidiane speranze. La condizione di sofferenza psichica del paziente costituisce l’importante indicatore di un processo (a volte irreversibile) di deformazione temporale degli specifici fenomeni che strutturano progressivamente la temporalità.

Come detto, in altri lavori, la psiche umana/sofferenza oscura, a di là di ogni interpretazione o spiegazione scientifica, si esprime attraverso il patire la temporalità; come un’espressione misteriosa, vibrante e coinvolgente, emotiva e dunque effusiva, si mescola all’accadere dell’accadere e al mondo della vita intersoggettiva.[12]

«Non c’è solo il tempo della clessidra, ma c’è anche il tempo interiore, il tempo soggettivo, che è il tempo vissuto, e il tempo che cambia in ciascuno di noi di momento in momento, di situazione in situazione, il tempo che, indipendentemente dalla scansione cronologica delle ore, ci fa vivere in misura diversa una uguale estensione temporale».[13]

Tab.2 Disarticolazione dell’esperienza del tempo vissuto

Fucht T., The Temporal Structure of Intentionality and Its Disturbance in Schizophrenia,   Temporality and Psychopathology, 2010.

1) 1.1 Distruzione del fluire temporale                  (Il tempo/non tempo)

1) 1.1 Distruzione del fluire temporale                           (Il flusso/arresto)

  • Frammentazione dell’Arco intenzionale: direzione del pensiero
  • Frammentazione dell’Arco intenzionale- indebolimento dell’auto-esperienza

Nella schizofrenia la sintesi temporale implicita o automatica necessaria per la costituzione della realtà è disturbata, porta ad una frammentazione dell’arco intenzionale, lasciando i singoli elementi dei processi di percezione, azione e pensiero non collegati

  • Pensieri non incorporati nella continuità di base dell’esperienza di Sé (legame agli orizzonti temporali)
  • Interruzione dei pensieri nell’arco intenzionale
  • Pensieri non più organizzati – appaiono contro la mia intenzione e la loro direzione è invertita (non sono miei e messi nella mia testa)
  • Sintomi disturbo del pensiero – esperienze di influenzamento, allucinazioni verbali (resti dell’arco intenzionale frantumato)
  • Viene compiuta la sincronizzazione intersoggettiva: desincronizzazione (stagnazione del tempo personale rispetto al tempo intersoggettivo)

Oggi sappiamo che non esiste solo un tempo fisiologico (i ritmi temporali nel corpo), uno lineare (il prima e il dopo) o ciclico (il tempo circolare che comporta il ritorno delle stagioni), ma anche un tempo interiore, patico, misterioso e oscuro, che altera e muta pensieri, immagini e sensazioni, suggestioni da un luogo all’altro della coscienza.

Pertanto, oltre il tempo psicologico, esiste un tempo lineare in campo fisico, dove la temporalità è rappresentata da una retta con una direzione determinata: passato- presente-futuro. Ed è così che la freccia del tempo ha inizio nella nascita e avanza linearmente verso il futuro.

Nel caso, invece, del tempo circolare il trascorrere viene rappresentato come una sequenza di avvenimenti che si ripetono. È la ruota del tempo, il ritorno del punto all’origine per ricominciare. Nel caso del tempo curvo o a spirale, la rappresentazione prende volume e, da un punto centrale, la curva-a-spirale si espande, ripetendo cicli e ritmi in uno spazio multidimensionale, fino ad arrivare alla sua massima.

A partire da tale riflessione, facciamo fatica molto spesso a capire come, senza il tempo interiore, si possa esistere mentre qualsiasi azione è impossibile senza un calcolo del tempo di cui disponiamo (tempo dell’orologio). Come scrive lo psichiatra Piro (2005), inoltre, ciascuno di noi è immerso in un “orizzonte temporale”, infatti, la diacronia caratterizza lo scorrere del tempo:

« […] non è possibile in nessun modo esentare dal considerare con grande attenzione il duplice rapporto con il gran numero degli eventi che si colgono ora, cioè nella contemporaneità, nella sincronia, e con la mutevolezza  che si coglie con lo scorrere del tempo o diacronia».[14]

Quindi possiamo tener presente durante una cura sia il vissuto temporale del presente, del qui e ora (l’adesso dei pazienti) sia la percezione soggettiva dello scorrere del tempo (diacronia), il prima e il dopo.

Come clinici possiamo anche soffermarci su come vive, ogni paziente, il tempo circolare (ciò che ritorna), il tempo storico (cronodesi: il legame della persona alla sua epoca, il legame agli orizzonti temporale culturali, sociali, politici, ecc.,) (Piro, 2005).

«Il senso del tempo è una componente fondamentale della nostra psicologia e della nostra concezione della realtà ed è parte essenziale della struttura mentale con la quale diamo senso al corso degli eventi dell’esistenza».[15]

Ma che ruolo occupa il tempo nella vita di ognuno di noi?  

Il tempo interiore ci permette di comprendere ciò che accade in noi durante uno stato di sofferenza?

Per lo scienziato Tonelli (2021) lungo la tortuosa via d’accesso alla comprensione di mondi dominati da effetti relativistici, esiste un futuro che arriva prima del passato e, anzi, lo crea.

Così possiamo imparare, a livello di coscienza, ad ascoltare il nostro tempo interiore e realmente sentire la velocità del flusso interiore e la sospensione, l’attesa e l’accelerazione psichica, che alterano la soggettiva dimensione del tempo attraverso i nostri ricordi e le nostre aspettative future.

Il tempo interiore ci pone domande complesse di non facile risposte, poiché le figure del tempo interiore sono molteplici e, quasi sempre, legate a un vissuto psichico specifico e al come ci sentiamo in un dato periodo.

Quasi sempre inconsapevolmente il tempo vissuto agisce in noi, ci attraversa senza un attimo di arresto, e nei racconti quotidiani facciamo riferimento al tempo senza farci troppo caso (livello pre-riflessivo). Nel momento in cui percepiamo, coscientemente, il tempo patico esso diviene, successivamente, riflessione del mondo che ci circonda. Anche per ciò una riflessione sul tempo interiore, come strategia di cura, può permetterci di comprendere ciò che accade in noi durante uno stato di sofferenza (‘sovrapposizione e mescolamento di stadi multipli e parziali’ della temporalità).

Il percorso di cambiamento personale sembra consistere nel sovrapporsi, lacerarsi e mescolarsi di stadi multipli e parziali  (il tempo ‘sopra e sotto’, di ‘lato e adiacente’, ecc.) di tempo vissuto, di momenti etero-trasformazionali e auto- trasformazionali.

Occorre sottolineare che, a livello terapeutico, i guasti delle temporalità (Errico, 2022) vengono, nell’ottica Antropologica Trasformazionale, fronteggiati diversi fattori dal forte impatto terapeutico: l’attesa/speranza di un accadimento; il mutamento patico (positivo) che comporta uno sforzo contro se stessi (il lato negativo); il silenzio vissuto nella trasformazione di se;  la pausa cronodetica o sospensione del giudizio su ciò che accade;  la libera fluenza (associazioni libere) di ciò che viviamo;  la riflessione patica  continua su se stessi o erlebnis (consapevolezza dell’Io); la costituzione condivisa tra clinico e paziente  finalizzata a un obiettivo terapeutico preciso; lo sforzo interiore per il ripristino di un sano rapporto con il tempo interiore.[16]

«La dimensione temporale è da sempre elemento cruciale nella valutazione e nel trattamento dei disordini psichici, a partire dalle analisi fenomenologiche dei processi di pensiero, che ben distinsero tra tempo oggettivo, tempo del mondo, e percezione soggettiva del flusso temporale, tra tempo individuale e tempo sociale, tra memoria e anticipazione»[17].

Tutto ciò implica, di fatto, la necessità di adottare un metodo di comprensione che sappia far emergere tutta la ricchezza vitale della temporalità, oltre che la sua correlata e misteriosa irrazionalità e imprevedibilità: un tale approccio, a parere di chi scrive, può trovarsi nella sua compiutezza solo nell’Antropologia trasformazione[18] e nella Psicopatologia fenomenologia[19], che respingendo qualsiasi pre-concettualizzazione logico-razionale permette una descrizione minuziosa del mondo dei pazienti, del pathos, nella loro immediatezza.

«Se nell’uomo comune si dà un momento in cui si ‘afferra’ e si ‘comprende’, questo non si svolge né nel passato né nel presente, bensì nel futuro prossimo: nella vita di tutti i giorni questo è previsione in senso forte di quanto l’altro sta per fare o sta per dire, progetto che si compie».[20]

Il tempo interiore, quindi, assume un nuovo campo di indagine, iniziato con Bergson, Husserl, Heidegger, Minkowski e costituisce il punto di partenza per la comprensione della sofferenza umana e della psicoterapia:

«Il tempo è il fenomeno patico originario. Con esso s’insediano nella psiche e vi si radicano la traumaticità della perdita subita e la paura di nuove perdite. Con esso perciò si desta la coscienza, in se medesima contraddetta, posta tra, da una parte la stupefatta percezione del mondo e la fiducia nella sua verità e, dall’altra parte, l’ignoranza e la paura di essere ingannati».[21]

Inoltre riguardo il nostro tema, in campo “psicologico-psichiatrico”, molti sono stati gli approfondimenti sull’esperienza del tempo in alcuni specifici disturbi come nella depressione, nella quale la vita interiore si svuota di intenzionalità (“stagnazione” del tempo vissuto), si allontana dagli oggetti, che appaiono estranei e distanti.

In taluni casi la forte inibizione pervade l’esistenza del paziente che si blocca fino all’immobilità. L’appesantimento del corpo, la sua lentezza nei movimenti, diventano l’espressione di una fatica del vivere che si accompagna, nelle forme più gravi di depressione, a un senso di colpa acuto, perfino lacerante, ad una assenza del tempo futuro (attesa, speranza).  In tali pazienti il tempo rallenta, fino ad arrestarsi, e tende a restringersi fatalmente la dimensione del futuro mentre si amplia la dimensione del passato, che assorbe ogni cosa: il paziente nella totale disperazione, perde il legame con gli orizzonti temporali, la consapevolezza della tirannia del presente (iper-tempo), la lucidità e la prospettiva di orizzonte psichico; prende corpo la dissociazione tra il tempo soggettivo e il tempo del mondo. Il paziente si isola, immergendosi da un lato nel flusso degli accadimenti e dall’altro nell’arresto di ogni atto o azione personale: la resa, la sfiducia, la chiusura. Riguardo a tale condizione di limite e danno personale, sulle orme di Kant,  si potrà, altresì,  discutere di  modi di vivere e di sentire il tempo e di spazio, di quantità e di qualità, di relazione e stili.

«Ma queste categorie non sono dedotte dai giudizi, non sono categorie logiche: sono piuttosto, nella psicologia esistenziale, modi di vivere, modi di sentire lo spazio che ci circonda, e il tempo, nella nostra presenza, nei nostri ricordi, nelle nostre attese e, in tali modi, le caratteristiche del nostro rapporto con gli altri, la possibilità o l’impossibilità, la realtà e l’irrealtà, la necessità e la contingenza di tale rapporto».[22]

A volte la sofferenza comporta una modifica o guasto della temporalità personale, si presenta come lo strato più superficiale o profondo di una condizione psichica al limite. Nulla, nel dolore psichico, dal punto di vista del comune sentire, che è poi la più immediata modalità di conoscenza del mondo, sembra essere privo della temporalità umana. Pare quasi che, a proposito del dolore, il tempo interiore abbia deciso di gettare la spugna, delegando alla psicoterapia il compito di comprenderlo e affrontarlo. Perché, anche questo ce lo insegna il senso comune, la sofferenza chiede – prima di essere capita – di essere risolta nel tempo e con il tempo (il tempo appare diverso).

Ogni momento del vivere nella malattia, così strutturato, è durata, qualità, tempo vissuto.

«In ogni esperienza depressiva, in ogni forma di tristezza (“normale” o “patologica”), si fa evidente la discontinuità, la disarticolazione, del tempo interiore, del tempo vissuto. La meta- morfosi del tempo interessa emblematicamente la dimensione del futuro, del presente, del futuro agostinianamente, attenuandosi e dileguandosi la speranza e l’attesa: si ha un futuro privato della speranza. Quando la tristezza è una tristezza motivata (una tristezza esistenziale), l’esperienza del futuro non è cancellata ma è solo oscurata, e l’orizzonte della speranza non è soffocato; mentre, quando la tristezza è una tristezza profonda (quella che la psichiatria clinica chiama psicotica, o endogena), non c’è più futuro e non c’è più speranza».[23]

Durante la terapia si affacciano pensieri, presenti e futuri, si ingaggia continuamente una battaglia tra tempo vissuto e quello “fisico” dell’orologio (uno sguardo al proprio orologio è il segno di questa battaglia):

«La temporalità, lo si è detto prima, è la fascia che avvolge nelle sue volute multidimensionali l’accadere dell’accadere». [24]

Ma la temporalità non è mai compresa del tutto nel paziente se non a livello patico, a livello di pre-coscienza.

«La paticità originaria del tempo come dolore della perdita rimbalza nel desiderio come struggente passione del ripristino e nel tremore come inquietante sentore della contingenza.  Il dolore per la rottura della mia continuità si converte nel desiderio del suo ripristino. Ma la continuità spezzata è l’irruzione della contingenza. Perciò il desiderio è esacerbato dal malessere dell’incertezza».[25]

Lo scopo dei nostri studi rimane il tentativo di voler chiarire i limiti e il “guasto temporale” (distorsioni), la trama e i fili delle funzioni psichiche nel paziente, ciò che compromette la relazione persona-vita-mondo, la continuità.

La mutazione della persona si lega al tempo vissuto (quando si guarisce il tempo interiore appare ripristinare il ‘guasto temporale’, la frattura tra se e il mondo, riprendere il suo legale con il flusso e la vita) e la conseguente insorgenza del sintomo psicopatologico, non possono che essere ricondotte a una sorta di perdita della durata del tempo a motivo di un suo sempre più consistente processo di sofferenza interiore. Quando siamo stanchi della vita sentiamo fuggire il tempo e uno scoraggiamento profondo ci pervade e gli sforzi ci sembrano vani, ci sentiamo “caduti in basso”, con il desiderio di rinunciare alla vita.

«Se nel bel mezzo di un appassionato stato d’animo di abbandono o di attesa, repentinamente (urplotzlich) ciò che ci attendevamo ci tradisce, d’un colpo il mondo ‘cambia’ tanto, che noi, come sradicati, perdiamo qualsiasi sostegno in esso. Più tardi, pensando a quell’istante dall’alto di una riconquistata stabilità, noi diciamo che in quel momento ‘come colpiti dalla folgore siamo caduti dalle nuvole’».[26]

I pazienti vivono, in certi momenti, la fuga del tempo (in avanti o all’indietro) e avvertono l’incapacità di impadronirsi del momento presente, che sembra invece trascinarli via, privandoli di ogni punto d’appoggio. La cura trasformazionale si abbraccia alla dimensione umana del tempo e comporta, in primis,  l’attivazione di una pratica che istiga, curante e curato, a agire insieme, a un tentativo di superamento della sofferenza,[27] tale da rendere il futuro diverso.

«La sensazione della presenza, dell’assenza e della realtà è originariamente legata alla coscienza del tempo. Con lo scomparire del tempo, scompaiono il presente e la realtà. Noi sentiamo la realtà come un attuale temporale: oppure sentiamo come se fosse il presente il “nulla”, privo di tempo».[28]

Tab.3 Le distorsioni temporali

 Distorsione temporale della trama e dei fili  (guasto temporale)
Disarticolazione dell’esperienza del tempoDistribuzione del flusso temporale (il tempo si annulla, si velocizza, si blocca, etc.)
 Caso 1Déja Vu/Vecu (il tempo esiste/non esiste)
 Caso 2Premonizioni (profezia) su se stesso (mi succederà qualcosa nel tempo futuro…)
 Caso 3Premonizioni sul mondo esterno (succederà qualcosa nel mondo ora, o tra pochi attimi..)
Disturbata esperienza della velocità del tempoVelocità del tempo anomala (decelerata, accelerata o sia decelerata che accelerata) Il tempo sembra correre con me
Discrepanze sull’esperienza del tempoTempo diverso confrontato alla precedente esperienza (o comune esperienza e perdita dei punti di riferimento (smarrimento, dissociazione, derealizzazione, scollegamento tra corpo/pensieri/pathos)

Quello che qui viene perseguito durante un percorso di cura è l’attivazione di un percorso concreto verso una mutazione personale che attraversa il tempo interiore.   

«La meraviglia è la sorgente del nostro desiderio di conoscere, e scoprire che il tempo non è come pensavamo apre mille domande … Nel corso del tempo si succedono in ordine gli avvenimenti dell’universo: passati, presenti, futuri; il passato è fissato, il futuro aperto».[29]

Il prioritario patto, tra clinico e il paziente, appare allora fondamentale, sin dalle prime fasi, per fronteggiare le fasi della sofferenza[30], l’ansia, l’angoscia, la preoccupazione, lo smarrimento, la paura.

La magia delle parole risulta, in tale processo, fondamentale. Tutti coloro che lavorano nel campo devono porre maggiore attenzione alle metamorfosi del tempo interiore, ai mutamenti ontici47, alla sofferenza legata alle vicende del destino. Tutti coloro che curano la sofferenza devono      porsi come degli sperimentatori del tempo che sopravviene (Piro 1996).

La cura appare come una ristrutturazione del tempo interiore, come una dimensione operativa.  

«Originariamente le parole erano magie e, ancora oggi, la parola ha conservato molto del suo antico potere magico. Con le parole un uomo può rendere felice l’altro o spingerlo alla disperazione, con le parole l’insegnante trasmette il suo sapere agli allievi, con le parole l’oratore trascina con sé l’uditorio e ne determina i giudizi e le decisioni. Le parole suscitano affetti e sono il mezzo comune con il quale gli uomini si influenzano tra loro». [31]

Ogni atto terapeutico, nel campo psicologico, implica una previsione verso un futuro prossimo, un coinvolgimento personale, una trazione forte d’azione  (istigazione):  la cura del tempo implica l’utilizzazione necessaria della propria esperienza ricorrenziale (diacronica e pancronica)22 di situazioni analoghe, lo strato dell’esperienza professionale vissute  nelle fasi preparatorie al lavoro; l’utilizzazione estesa di idee e prassi di ciò che abbiamo compreso a contatto con livelli differenti e intrecciati di sofferenza umana.23

Nel processo psicoterapeutico del tempo interiore modalità diverse sembrano consistere: un processo di sovrapposizione e mescolamento di stadi multipli e parziali della temporalità, in alcuni casi di momenti etero- trasformazionali e auto-trasformazionali.

Giuseppe Errico

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Zimbardo P., Boyd J., Il paradosso del tempo. La nuova psicologia del tempo che cambierà la tua vita, Mondadori, Milano, 2009.


[1] Con tali termini ‘sovrapposizione e mescolamento’ si vogliono indicare tutte le procedure psichiche legate al tempo vissuto e che comportano dei modi difettivi di vivere, una difficoltà nel percepire l’accadere dell’accadere, sulla scia della triade presente, passato e futuro (protentio, retentio, praesentatio), che interferiscono con i costituenti dell’oggettività temporale. Tale riflessioni si legano agli studi di Husserl, Piro, Borgna, Heidegger, Minkoswi.

[2] Chi scrive preferisce utilizzare il temine tempo vissuto ( psicologico o interiore) per indicare i vissuti personali (pathos), la percezione soggettiva del presente, passato e futuro, mentre il termine temporalità, in senso più generale, viene usato per indicare la relazione  che ogni paziente attiva con il flusso della coscienza del prima e del dopo (tempo dell’orologio), con l’evolversi della storia personale e il legame al tempo o cronodesi (Piro), la tirannia dell’attuale presente o ipertempo. Il temine temporalità:  s. f.  indica. – 1. carattere, condizione di ciò che è temporale (contrapp. a ciò che è eterno o spirituale): la t. della vita terrena; t. delle pene del purgatorio; t. di un bene; la predicazione di Arnaldo da Brescia contro la t. della Chiesa.(dizionario Treccani). Il termine italiano “vissuto” indica ‘ciò che è da me vissuto’, quindi l’atto che sto vivendo; vissuto in questo caso comprende il patire e la temporalità, ed ha il significato di atto relativo al passato-presente-futuro.  La coscienza temporale non è una scatola che contiene i vissuti, piuttosto è la modalità che caratterizza la vita interiore, su cui s’iscrivono, in maniera oscillante, progressivamente nella loro purezza gli atti temporali.  Nulla, nel dolore, dal punto di vista del comune sentire, che è poi la più immediata modalità di conoscenza del mondo, sembra slegarsi dal tempo vissuto

[3] La trasformazione è propria della realtà psichica: la parola ‘trasformazione’ trascina con sé la parola ‘conoscenza’ e ‘patire’. Occorre ricordare, in primo luogo, che la psicoterapia è un campo patico-affettivo di trasformazione umana duale e di relazione (paziente – clinico) che comporta modificazioni positive della persona e, di conseguenza, del relativo contesto. Se il paziente non progetta un  ‘futuro possibile’, non può pensare concretamente di trasformare se stesso: la cura si lega agli orizzonti del futuro. Durante un percorso di metamorfosi o trasformazione personale  il silenzio fiducioso, il tempo obiettivo (durata) e il tempo interiore, l’attesa, il legame al tempo, il rispetto di se e degli altri (diritti umani), il trattenimento delle forme istintuali, la passione per il viaggio comune (con il paziente) e la forte convinzione personale di operare secondo coscienza etica, sono la forma etero-trasformazionale utile per innescare un percorso di cura.

[4] Il paziente, contenitore di narrazioni individuali, vive nel campo antropico, nel vasto campo delle conoscenze umane: assume un carattere fortemente pratico per il paziente e il clinico la connessione tra la ricerca clinica del nuovo e del sapere umano, l’esperienza quotidiana pratica, il patire, il vivere. Appare evidente anche che, nelle scienze umane come nelle scienze della natura (così ricche dell’armamentario tecnico), occorra un’intenzione forte per costruire strumenti creativi per ricercare nell’umano forme di cura, così come sono stati costruiti gli strumenti tecnici e di indagine per ricercare nella natura. Oggi è necessario riflettere, ancora una volta, sul mondo interiore del paziente e della tecnica della cura e, al tempo stesso, sul ruolo del terapeuta.

[5] Jaspers K., Psicopatologia Generale, Il Pensiero Scientifico, Roma,1965, p 23.

[6] Borgna E., La solitudine dell’anima. Feltrinelli, Milano, 2014, p.36.

[7] Heidegger M., Il concetto di tempo, Adelphi,  Torino, 1998, p.12.

[8] Corbelli L., Piazzalunga F., Dal tempo vissuto al tempo subìto. Un’analisi psicopatologica della dimensione melanconica. Giornale Italiano di Psicopatologia, 2007, 13, 63.

[9] Minkowski E., Il tempo vissuto. Fenomenologia e psicopatologia, Einaudi, Torino 2004, 8.

[10] Zimbardo P., Boyd J., Il paradosso del tempo. La nuova psicologia del tempo che cambierà la tua vita, Mondadori, Milano,2009.

[11] Chabrot  P. , Avere tempo. Treccani, Roma, 2023, 17. Un altro importante filone di studi sul tempo ci viene offerto da Chabot  che suggerisce come l’Essere-Persona significhi‚ ‘avere  tempo‛: nel mondo attuale, continuamente e costantemente la sensazione cronica di non avere tempo. La nostra civiltà, sostiene Chabot, vive sotto quattro regimi temporali che si scontrano nel quotidiano: Fato (imperativo biologico della vita fino alla morte), Progresso (imperativo del futuro), Ipertempo (tirannia del presente e tecno-capitalismo: il tempo è ovunque e da nessuna parte) e Scadenza (conto alla rovescia verso la catastrofe ecologica). Per Chabot prima d’ora mai si era sperimentato l’antagonismo di tante concezioni incompatibili del tempo, che il più delle volte si uniscono contro di noi e che dobbiamo tuttavia conciliare per affrontare la quotidianità. L’atteggiamento che assumiamo nei confronti del tempo ha un impatto profondo sulle nostre vite e la cura: navighiamo tra nostalgia del passato, dipendenza dal presente e speranza per il domani.

[12] Il merito di Freud, sin dalle origini e dal caso dell’isteria di Anna O., fu di avere dato al sintomo psichico nevrotico una spiegazione legata al passato (tempo vissuto), cosa che fecero anche altri autori come Pierre Janet e Josef Breuer (1880/1982). Il sintomo psichico, per Freud, è connesso con l’esperienza (le tracce del passato) vissuta dal paziente anche nel tempo presente (transfert).

[13] Borgna E., Il tempo e la vita, Feltrinelli, Milano, 2018, p.19.

[14] Piro, Trattato della ricerca diadromica -trasformazionale, La città del sole, Napoli, 2005, pp.138-139.  Sempre Piro (Antropologia Trasformazionale. Il destino umano e il legame agli orizzonti subentranti del tempo, Angeli, Milano, 1993), sul tema del tempo, mette in evidenzia come l’uomo comune ha esperienza diretta dei singoli eventi ripetuti nello scorrere del tempo, mentre lo psicologo tenta di ricostruire a ritroso una catena di eventi, così che l’operare del primo è anterogrado e adesso alla freccia del tempo e l’operare del secondo è retrogrado.

[15] Benini A., Neurobiologia del tempo, Raffaello Cortina, Milano, 2020, p.115.

[16] Questi elementi si ritrovano anche in Cfr. Piro S., Op.cit., 1993. p.195.

[17] Tramonti F., Fanali A., Tempo, psicopatologia e psicoterapia (https://www.exagere.it/tempo-psicopatologia-e-psicoterapia.

[18] Nella definizione originaria e iniziale l’Antropologia trasformazionale è la scienza delle interferenze di traiettorie d’esistenza (nel linguaggio comune “destino umano”). Nell’Antropologia trasformazionale la cura indica tutto ciò che si attua, nel tempo vissuto, con il paziente, ciò che è volto alla descrizione, comprensione e narrazione (e alla ricerca scientifica) delle trasformazioni umane (ma anche dell’orizzonte conoscitivo ed emozionale delle singole persone) per scopi legati alla salute e al miglioramento della specie umana. Curare l’altro vuol dire descrivere proprio le trasformazioni dell’orizzonte conoscitivo ed emozionale sequenzialmente derivate dall’agire interpersonale intenzionale (modi, strumenti e scopi). cfr. Piro S., Antropologia trasformazionale. Il destino umano e il legale agli orizzonti subentranti del tempo, Angeli, Milano, 1993; Piro S., Critica della vita personale, La città del sole, Napoli, 1995.

[19] Nel Traité de psychopathologie di Minkowski, «la posizione fenomenologica non si limita al ruolo di un semplice metodo di indagine sui fatti, da porsi accanto agli altri metodi: essa mette in discussione appunto il “fatto” stesso, allargandone singolarmente i limiti e sforzandosi di ridargli, in quello che di astratto esso può già contenere, la sua vitalità, la sua “vita” originarie» (Minkowski E., Trattato di psicopatologia, Feltrinelli, Milano 1973, pp. 35-36).

[20]  Per Sergio Piro la conoscenza dell’altro o di ciò che accade, durante una relazione umana spesso, è anticipazione dell’altrui azione; è una comprensione per ricorrenza (diacronica), conoscenza di massa (sincronica) o conoscenza di massa per ricorrenza (pancronica).

[21] Masullo A., Paticità e indifferenza. Il Melangono, Genova, 2003, pp.70-71.

[22] Minkowski E., Il tempo vissuto. Fenomenologia e psicopatologia, Einaudi, Torino, 1971, p.X.

[23] Borgna E., Le figure dell’ansia, Feltrinelli, Milano, 1997, p.139.

[24] Piro S., Introduzione alle antropologie trasformazionali, La città del sole, Napoli, 1997, p. 43.

[25] Masullo A., Il tempo e la grazia. Per un’etica attiva della salvezza, Donzelli, Roma 1995, p.88.

[26] Binswanger L., Sogno ed esistenza. Per un’antropologia filosofica, Feltrinelli, Milano, 1989, pp.67-70.

[27] Si ricorda che insegnare e curare sono azioni trasformazionali mirate a un mutamento.

[28] Jaspers K., Psicopatologia generale, Il Pensiero Scientifico, Roma, 2000, p. 91.

[29] Rovelli C.,Op.cit., 2017, p.2.

[30] Lo scorrere del tempo della sofferenza si presenta diverso rispetto al tempo obiettivo (misurabile). Si ricorda la distinzione, già operata da Bergson (1889), fra tempo obiettivo (o tempo spazializzato), vale a dire fra il tempo misurabile (scomponibile e oggettivo proprio delle scienze naturali) e la durata reale (o tempo vissuto), intesa come il tempo immanente alla coscienza, come negazione di ogni quantità (come pura progressione qualitativa degli stati psichici di ciascun individuo all’interno della quale si compenetrano tutti gli stati passati). Così concepita, la temporalità diviene, nella sua peculiare dimensione fenomenica dell’esperienza del tempo, l’oggetto privilegiato di un’indagine fenomenologica in senso intuitivo capace di cogliere ogni vissuto altrui così come esso si dà alla coscienza nella pluralità delle sue componenti qualitative.

[31] Freud S., Introduzione alla psicanalisi. Prima e seconda serie di Lezioni, Boringhieri, Milano, 1978, p.19.

21 Piro S., Op.cit., 1993. p. 223.

Giuseppe Errico

Psicologo e psicoterapeuta, è attualmente presidente dell'Istituto di Psicologia e ricerche socio sanitarie (Formia, Italia) e ricercatore nel campo delle scienze umane ad indirizzo Antropologico-Trasformazionale. Svolge attività di psicologo volontario presso l’Azienda dei Colli di Napoli–Centro regionale malattie rare (CRMR).

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