Riflessioni su “Il corpo vivo nel mondo. Introduzione al pensiero di Thomas Fuchs”, a cura di Valeria Bizzari e Raffaele Vanacore
Quando Valeria Bizzari, co-curatrice di questo volume insieme a Raffaele Vanacore, mi ha parlato della sua prossima uscita, non ho potuto che provare una grande curiosità. Non solo perché è un libro che nasce dall’interazione personale con Thomas Fuchs e dal lavoro di curatela non di due sconosciuti o appassionati estranei, ma di due colleghi che hanno concretamente lavorato con lui ad Heidelberg; anche perché si tratta di un lavoro coraggioso, di un omaggio che di rado viene riservato ai vivi. Il corpo vivo nel mondo, edito da Giovanni Fioriti, è infatti un libro che permette di scoprire, per passi e trame successive, la complessità di pensiero di uno dei maestri della fenomenologia moderna, attraverso una raccolta di scritti e un abile lavoro di curatela. Iscritto nella nobile discendenza della scuola di Heidelberg che ha visto non di meno che Jaspers tra i suoi antesignani, Thomas Fuchs si dimostra non solo un abile professionista nel campo della psichiatria, ma un filosofo capace di declinare le proprie teorie nella pratica clinica. A partire infatti dal concetto di embodiment, veniamo accompagnati per mano nella scoperta dell’imprescindibilità del nostro legame con il mondo: in un’unione proficua di fenomenologia di ascendenza husserliana e scheleriana, di ecologia e di enattivismo. In quest’ottica, la nostra mente non è concepita come qualcosa di separato dall’ambiente e ancor meno dominante nella sua cognizione rappresentativa o nella sua concretezza cerebrale: è al contrario il coacervo delle interazioni tra la nostra soggettività e l’ambiente, la cui chiave di accesso non sta nell’interiorità o nel riduzionismo biologico ma in quel tra – nell’inter-soggettività, nell’inter-corporeità, nella circolarità del nostro legame con il mondo. Ed è in questo terreno di mezzo di rado esplorato che si colloca l’inconscio in senso fenomenologico: non un bagaglio di vissuti rimossi e di istinti brutali, ma l’imprevedibilità che si colloca nell’intersezione tra due soggettività, o tra la soggettività e l’ambiente. In questa prospettiva ecologica ed enattiva, si ha il superamento del dualismo mente-corpo di matrice cartesiana, nel completamento del percorso che ha avuto in Merleau-Ponty uno dei suoi maggiori sostenitori. E si fa un passo ulteriore: non solo si riuniscono mente e corpo a lungo indebitamente separati, ma si ricollega l’organismo all’ambiente in cui è immerso, rispetto a cui non si pone in posizione osservativa ma di cui percepisce le valenze affettive. Da questa prospettiva, cambia la pratica clinica: i disturbi psichiatrici, dalla schizofrenia, all’autismo, alla depressione, vengono letti come segnali di interruzione di quel tra, come disturbi della relazione. Ed è forse inutile sottolineare quanti spazi di intervento terapeutico questa consapevolezza apra, come evidenzia lo stesso Fuchs parlando di psicoterapia ecologica, sia nell’ottica del trattamento individuale, che nel contesto di sguardi più estesi dal familiare al sociale:
“la finalità più importante della psicoterapia è modificare e ristrutturare lo spazio vissuto del paziente in modo da aumentare il suo grado di libertà, di estendere il suo orizzonte di possibilità, e di agevolare relazioni più soddisfacenti con gli altri” (p.133).
Concepire la malattia mentale più che come un deficit come una vulnerabilità, come una forma di sensibilità particolare alle situazioni-limite in senso jaspersiano, ha inoltre un effetto potentemente anti-stigmatizzante nei confronti di individui che si sono sempre sentiti estranei ad un mondo affettivo a cui non riescono ad accedere, ed espulsi da questa risonanza empatica per via della loro particolarità. La comprensione dei fondamenti della loro diversità è il presupposto necessario per inserirsi nella circolarità dell’interazione coscienza-mondo e proporre uno spazio inter-soggettivo, il campo fenomenologico, di esplorazione dei legami e di avanzamento della libertà che i nostri pazienti troppo spesso si sentono negata.