*Anna Gasparre: PhD, Psicologo, Psicoterapeuta cognitivo comportamentale, terapeuta EMDR 2° livello.
** Giancarlo Dimaggio: Psichiatra e psicoterapeuta, socio fondatore del Centro di Terapia Metacognitiva Interpersonale, Didatta della Società Italiana di Terapia Comportamentale e Cognitiva (SITCC).
Le persone che presentano un tratto di personalità narcisistico, misurato nella popolazione generale, non clinica, sembrano essere meno esposte di altri al dolore psicologico. In questa prospettiva potrebbe sembrare che il tratto narcisistico – non clinico – abbia un lato benefico: protegge dal dolore psicologico. Si tratta di un tipo di narcisismo grandioso, in cui è prevalente la tendenza alla sopravvalutazione (self-enhancement) (John e Robins, 1984), ovvero la continua tendenza sia a sovrastimarsi rispetto alla performance reale, sia a dare di sé un giudizio più alto di quanto dà un osservatore esterno. Tale meccanismo cognitivo, implicito ed automatico, è centrale nel narcisismo, è supportato da una pletora di studi (Grijalva e Zhang, 2015) e serve principalmente a proteggere la persona dall’entrare in contatto con i sentimenti di inferiorità e fragilità. Queste considerazioni sono però basate su studi che in gran parte hanno utilizzato misure esplicite di tipo self-report. È probabile quindi che la presunta ridotta sensibilità al dolore psicologico di chi ha tratti narcisistici non corrisponda al vero. È infatti possibile che queste persone o abbiano una difficoltà (alessitimia) a identificare gli stati interni dolorosi e riportarli nell’intervista, oppure siano guidati da un bias semi-intenzionale di protezione dell’auto-immagine. In termini semplici, dal momento che per loro essere fragile significa essere inferiore e quindi umiliato, sottomesso o schiacciato, è probabile che anche se sono consapevoli di provare dolore psicologico non lo ammettono allo sperimentatore.
Rimane quindi aperta la domanda: il tratto narcisistico protegge davvero dal dolore sociale, oppure queste persone provano dolore ma o non ne sono consapevoli o non lo ammettono? Studi più recenti hanno quindi cercato di utilizzare disegni sperimentali adatti a rispondere a questa domanda. Hanno quindi studiato il dolore sociale in pazienti narcisistici, esposti sperimentalmente al giudizio sociale, mettendo a confronto misure esplicite self-report con misure implicite sui correlati neuronali del dolore sociale. I risultati sono stati interessanti.
Ricordiamo che il dolore sociale è un dolore psicologico, che deriva da esclusione sociale o isolamento. Le ultime ricerche in neuroscienze mostrano come dolore sociale e fisico condividano parzialmente le stesse basi neurali (Eisenberger & Lieberman, 2005).
Neuroscienziati e psicologi hanno studiato il dolore sociale tramite il paradigma del Cyberball. Si tratta di un gioco al computer in cui i partecipanti giocano a palla con altri giocatori. Tuttavia gli altri giocatori sono fittizi, le loro azioni sono programmate al computer. Dopo un periodo di gioco equilibrato, gli altri giocatori non lanciano più la palla al partecipante fino alla fine del gioco. Si è visto che basta una semplice esclusione di qualche minuto per innescare l’attivazione di aree cerebrali normalmente attive durante il dolore fisico come l’insula anteriore, la corteccia prefrontale e la corteccia cingolata anteriore (William et al. 2002)
Vari contribuiti empirici si sono focalizzati, sul ruolo della sensibilità al rifiuto nel narcisismo (vedi il classico Twenge & Campbell, 2003). È molto probabile che i narcisisti rifiutati si arrabbino e mostrino espressioni violente verso gli altri dopo l’esperienza del rifiuto sociale. Il loro tentativo di celare la vulnerabilità alle minacce di rifiuto crea così tanta tensione che si traduce in vere esplosioni aggressive.
Cascio, Konrath e Falk (2015), indagando le basi neurali dell’esclusione sociale, hanno cercato un supporto empirico all’idea che i narcisisti di fatto sperimentino dolore da esclusione sociale, probabilmente alla base delle loro esplosioni di rabbia e aggressività in situazioni in cui percepiscono rifiuto sociale. Gli autori hanno misurato le differenze individuali nel narcisismo (misurato con il Narcisistic Personality Inventory) e le risposte neurali all’esclusione sociale generata dal partecipare al Cyberball. Alti livelli di narcisismo erano significativamente correlati con l’attivazione di una rete cerebrale collegata all’esperienza del dolore sociale, che coinvolge l’insula anteriore, la corteccia cingolata anteriore dorsale e la corteccia cingolata anteriore subgenuale. Allo stesso tempo le persone con marcato narcisismo nei self-report non riportavano di avere sperimentato dolore da esclusione. In sostanza sembrerebbe che chi ha elevati livelli di narcisismo prova effettivamente dolore sociale a un livello pre-conscio, implicito, osservabile a livello cerebrale nelle situazioni di esclusione, ma o non riesce a riferirlo o addirittura nega di averlo provato quando nella misura esplicita self-report gli si chiede se ha provato dolore. Questo paradosso, per cui i narcisisti sperimentano dolore sociale ma riferiscono di non provarlo è spiegato da altri autori (Jordan et al., 2003; Zeigler-Hill, 2006), per i quali sembrerebbe che alle misure esplicite self-report i narcisisti riferiscono una elevata considerazione di sé, mentre i sentimenti sottostanti di scarso valore personale emergerebbero solo se si utilizzano misure implicite, sulle quali gli individui non hanno alcun controllo.
L’osservazione empirica dell’attivazione delle reti neurali sottostanti il dolore sociale spiegherebbe l’ipervigilanza verso segnali sottili di esclusione sociale come le emozioni negative degli altri o le espressioni neutre, alle quali implicitamente il soggetto attribuisce connotazioni negative (De Panfilis et al., 2015).
Basandosi sull’esperimento precedente di Cascio, Konrath, & Falk, (2015), Chester et all (2015), hanno studiato il ruolo della corteccia cingolata anteriore dorsale (dACC) nel misurare la discrepanza tra le aspettative di accoglienza della loro grandiosità e il rischio di essere rifiutati. L’attivazione della dACC era un fattore di modulazione delle tendenze aggressive. Negli individui con livelli alti di narcisismo (NPI), la risposta aggressiva dipendeva dai livelli di attivazione della Corteccia Cingolata Dorso Anteriore. Quando chi presentava narcisismo non percepiva che ci fossero discrepanze tra aspettative grandiose e la minaccia di rifiuto, l’attivazione della dACC rimaneva bassa e questo era correlato al fatto che l’individuo non rispondeva aggressivamente al rifiuto. Quando invece, chi aveva marcato narcisismo sentiva che il rifiuto metteva a rischio la percezione grandiosa che gli altri avevano di loro, l’attivazione della dACC era elevata e quindi chi aveva un tratto narcisistico era pronto a reagire aggressivamente al rifiuto.
Questi studi sembrano coerenti col il modello di Terapia Metacognitiva Interpersonale del narcisismo (Dimaggio et al., 2002; Dimaggio, 2021), in cui un elemento centrale è la difficoltà nel monitoraggio interno. Sono però possibili due diverse interpretazioni. La prima è che il dolore sociale è presente a livello cerebrale, tuttavia avendo queste persone problemi di autoriflessività, non identificano stati dolorosi che di fatto a livello implicito stanno sperimentando e non sono consapevoli dei trigger sociali delle emozioni. La seconda è che il dolore sociale è presente a livello cerebrale e le persone con tratti narcisistici se ne rendono conto, ma lo negano intenzionalmente nei self-report perché i loro schemi li portano a prevedere che gli altri risponderanno in modo negativo se manifestassero la loro vulnerabilità. Si tratta anche in questo caso di una strategia di coping sempre automatica, ma intenzionale e cosciente, finalizzata a non mostrare la propria immagine vulnerabile, ed è automatica non nel senso di irriflessivo ma nel senso che danno per scontato che va bene fare così.
L’idea che i pazienti narcisisti vadano aiutati a promuovere la consapevolezza delle emozioni dolorose, ma a farlo con attenzione vista la loro sfiducia che gli altri risponderanno in modo adeguato alla loro vulnerabilità, sembra rinforzata da questi studi. Allo stesso tempo l’idea che il tratto narcisistico non clinico corrisponda a una sorta di narcisismo sano, a una capacità di mantenere uno stato di benessere e valore anche in presenza di frustrazioni, sembra disconfermata dal fatto che anche se negato esplicitamente il dolore sociale è evidenziato a livello cerebrale e genera conseguenze negative come le risposte aggressive.
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