L’uomo diventa IO in relazione con un TU.
– M. Buber
Il nostro rapporto col mondo, prima ancora di essere un rapporto con le cose, è un rapporto con l’Altro. È un rapporto prioritario che la tradizione metafisica occidentale ha occultato, cercando di assorbire e identificare l’altro a sé, spogliandolo della sua alterità. Ma l’altro è l’essere e l’essere ha senso solo nell’esistente, ovvero nell’uomo. E l’esistente acquista significato solo in-relazione all’Altro.
– E. Levinas
Chi sono io? Chi è che non s’è mai posto questa domanda? Quante volte ci siamo trovati, nella vita, a chiederci “Chi sono?”. Ognuno può cercare di rispondere a proprio modo a questo quesito dall’eco amletico; ciascuno di noi può scrutare dentro di sé per provare a risolvere un enigma al quale filosofi, poeti e scienziati hanno tentato di trovare una soluzione. Ma insieme alla domanda “chi sono?”, sorgono altre domande che segnano l’essenza di ogni essere umano che viene alla vita e guarda anche fuori di sé: “Chi sei tu?”, “Cosa siamo noi?”, “Se tu non ci fossi, esisterei?”.
Sembra un’amabile dichiarazione, una di quelle frasi fatte che si dicono tra amanti, che diventano ridondanti e si perdono nelle pieghe del tempo poiché dette e ripetute milioni di volte: io che non esisto senza di te; eppure in questa frase è racchiusa parte di uno dei principi fondamentali sui quali si basa il Modello Strutturale Integrato (M.S.I).
Ciò di cui stiamo parlando, è il postulato di Identità e Relazione. Prima di entrare nello specifico di questo concetto, bisogna porsi un altro quesito: cos’è un postulato? Se si sfoglia un’enciclopedia, si scoprirà che, in matematica, un postulato è una proposizione che è considerata il fondamento di una teoria senza che sia necessario dimostrarla. Quindi, mutuando il concetto di postulati e portandolo nel campo della psicoterapia, si può intendere che questi siano le basi, i concetti elementari e le regole che sono utilizzate sia nella teoria, sia nella pratica di un modello.
Secondo il Modello Strutturale Integrato i postulati si possono distinguere in «postulati di necessità logica» e «postulati di necessità naturale» (Ariano, 1997, p. 100). Con i postulati di necessità logica si stabiliscono le regole minime e indispensabili perché un modello sia coerente; questi sono quei principi immutabili e difficili da scardinare. I postulati di necessità naturale sono, invece, quelle regole che si possono considerare contingenti e storiche, che, rispetto ai postulati di necessità logica, possono essere falsificati e superati senza che sia messa in crisi la capacità umana di fare scienza. Possiamo dire, quindi, che i postulati di necessità logica sono quelli immodificabili e senza i quali una teoria, un modello e la scienza non potrebbero esistere; mentre quelli di necessità naturale sono quelle regole che possono modificarsi secondo il momento storico, la persona, la situazione, etc. «È più facile che gli uomini superino i modelli del mondo costruiti da loro (leggi di necessità naturale), piuttosto che sia l’uomo a superare se stesso e le categorie logiche (leggi di necessità logica) in base alle quali costruisce i modelli» (Ariano, 1997, p. 108).
Tornando alla frase iniziale che ha dato il titolo a quest’articolo: “io che non esisto senza te, chi sono?”, potremmo anche dire, senza cambiare il concetto di quanto si afferma: “chi sono, io che non esisto senza te?”. Sembra una banalità ma l’inversione delle due proposizioni che compongono la frase rimanda al concetto di consustanzialità dei costrutti d’Identità e Relazione. Secondo il Modello Strutturale Integreto, infatti, Identità e Relazione hanno uguale importanza. Con la parola «consustanziale», mutuata dalla teologia, si vuole porre l’accento e affermare l’uguale importanza dei due costrutti e la loro complementarietà.
«Abbiamo l’esperienza che ogni identità è percepibile solo nel cogliere la differenza con un’altra identità» (Ariano, 1997, p.108). Il concetto d’identità, così come quello di relazione, sembra semplice ma risulta, allo stesso tempo, complesso e a tratti inafferrabile nonostante sia applicabile a molte, se non tutte, le svariate sfaccettature della vita umana. Ma cos’è l’identità? In filosofia, il principio d’identità è un principio fondamentale della logica classica, espresso grazie alla formula “A è A”; secondo la logica tradizionale, però, questa formula deve essere integrata con quella che esclude l’identità con l’altro: “A non è non-A”. Stiamo parlando per “Principio di Identità e non Contraddizione” alla base della filosofia Aristotelica. Vediamo comunque che nella formula “A è A; A non è non-A” è prevista l’esistenza di qualcosa al di fuori di A con il quale lo si confronta. Un semplice esempio potrebbe essere racchiuso nel gioco di parole che spesso i bambini utilizzano per scherzare tra loro: “Se io sono io e tu sei tu…”. Claudio è Claudio e allo stesso tempo non può essere Vincenzo; Claudio è Claudio, date tutte le sue personali e fondamentali caratteristiche che ne consentono l’individuazione, e, per queste medesime caratteristiche, Claudio non può essere Vincenzo. Mettendo Claudio e Vincenzo a confronto (in relazione) possiamo scoprire le differenze che tra loro intercorrono e individuarli come esseri unici.
Allo stesso modo, possiamo dire che una sedia è diversa da una poltrona e possiamo conoscere e percepire le differenze che intercorrono tra una sedia e una poltrona considerandole entrambe in relazione in base alle loro specifiche caratteristiche che ne definiscono l’identità.
È, quindi, solo mettendo in relazione le cose che possiamo caratterizzarle e scoprire le loro unicità. Se ogni cosa fosse presa singolarmente, in un modo vuoto, non avendo alcun termine di paragone o confronto, non avremmo alcun modo di definirla, apprezzarla e conoscerla. Allo stesso modo, se ci trovassimo al di fuori del mondo sensoriale, senza alcun contatto umano o col mondo delle cose, non potremmo avere idea di noi stessi e tanto meno di cosa o chi siamo.
Nella psicopatologia si può riscontrare una difficoltà a restare in “identità”. Persone affette da alcune patologie mentali vivono in un continuo alternarsi tra identità e relazione e non sono in grado di stanziarsi né nell’una, né nell’altra o non sono in grado di integrare queste due posizioni. Questo tipo di meccanismo di esistenza è messo in atto allo scopo di divenire invisibili sia ai propri stessi occhi sia a quelli altrui. Per queste persone, esistere è una cosa terribile e spaventosa. Altre persone, invece, possono avere estreme difficoltà esclusivamente nella relazione e il cambiamento, come la mancanza di un’identificazione chiara e precisa, è ancor più spaventoso della morte.
«Il rapporto tra identità e relazione, che è descritto come rapporto tra essere (identità) e divenire (relazione) è molto antico. L’essere senza il suo aspetto relazionale sarebbe incomprensibile, il divenire senza il suo rapportarsi a due esseri sarebbe incomprensibile. L’essere e il divenire sono i due occhi che insieme aprono l’uomo a una nuova dimensione (profondità) che ognuno dei due occhi preso singolarmente non sarebbe capace di afferrare» (Ariano, 1997, p. 110). Se avessimo un solo occhio, non potremmo vedere gli oggetti in tre dimensioni e non avremmo alcuna percezione della profondità, è solo grazie alla presenza e alla collaborazione dei nostri due occhi che siamo in grado di muoverci nello spazio, in un mondo tridimensionale; allo stesso modo Identità e Relazione insieme ci aprono al mondo in maniera completa, cosa che non avverrebbe fermandosi all’una o all’altra posizione.
Tra le altre cose, è anche la considerazione correlativa, complementare e consustanziale dei concetti di Identità e Relazione che dà profondità e potenza terapeutica al Modello Strutturale Integrato.
Bibliografia
Ariano G. (1997), La psicoterapia d’integrazione strutturale. Epistemologia, Armando editore, Roma.
Buber M. (1923), Ich und Du, Piper, trad.it.; L’Io e il Tu, opera contenuta ne: Il principio dialogico e altri saggi, a c. di Andrea Poma, San Paolo, Alba (CN), 1993
Istituto dell’Enciclopedia Italiana (1935), Enciclopedia Treccani, Vol. 28, prima edizione, Roma.
Levinas E. (1961), Totalité e Infinì, Nijhoff, La Haye, trad. it.: Totalità e Infinito: Saggio sull’Esteriorità, Jaca Book, Milano, 1980