PsicologiaPsicologia del fumetto

Psicologia del fumetto: tratti e segni per dar forma alle emozioni

Contenere le emozioni

Quella che segue è la terza parte del percorso nella psicologia del fumetto proposto da Francesca Pecoraro Scanio, psicoterapeuta ed analista bioenergetica. Nella prima parte potete trovare una introduzione all’argomento, nella seconda parte un approfondimento sulla teoria psicodinamica della identificazione e della proiezione applicata al fumetto. Di seguito, invece, il nostro viaggio continua con un discorso sulle emozioni, sul Sé e sugli aspetti catartici e formativi della lettura dei fumetti. Speriamo che questo viaggio, che per il momento si conclude con questa terza parte, possa donare nuova dignità a quella nona arte, come amava chiamarla Umberto Eco, che ha tutto il diritto di essere considerata un’arte e vera e propria. Per fortuna, al giorno d’oggi il fumetto, con la sua potenza espressiva e comunicativa spopola in ogni campo. Vorremmo che la psicologia potesse seguire questa tendenza, per una volta buona, del nostro Zeitgeist. Manca ancora una riflessione sulle Graphic Novel e sulle particolarità dei Manga, per esempio, ma siamo sicuri che questa iniziale riflessione sul fumetto seriale, possa essere un punto di partenza e non un punto di arrivo. Buona lettura

Giuseppe Salerno

Nel raccontare per immagini, il fumetto sviluppa una serie di codici all’interno dei quali il messaggio arriva direttamente al lettore. I simboli iconografici traducono un modo di dire o un concetto, così, per esempio, le stelline indicano il dolore, il punto interrogativo il dubbio o l’incomprensione, la lampadina l’idea geniale. Altri segni esprimono convenzionalmente il movimento: le nuvolette di polvere la fuga; linee radiali o stellari esprimono il dolore lancinante. Questa arbitrarietà serve a raccontare utilizzando regole che uniformano il linguaggio. Lo stesso accade per i codici narrativi mirati a limitare l’insorgere delle pulsioni istintuali collegate alle due istanze fondamentali dell’uomo sulle quali si attivano le dinamiche inconsce: sesso\amore e aggressività.

Nei comics in particolare ambedue le pulsioni sono rappresentate in modalità censurata e simbolica. Le varie vicissitudini della vita amorosa, sentimentale e fisica, sono rappresentate con reticenza, le immagini di manifestazioni fisiche si limitano o si evitano. L’aspetto comico che spesso accompagna queste storie è colto facilmente dagli adulti, in loro la fantasia di divorazione o penetrazione nel corpo del nemico per distruggerlo è cristallizzata e relegata saldamente nell’inconscio. Viceversa, nel bambino o ragazzo simili fantasie, come l’essere mangiato o il divorare o l’entrare dentro qualcuno per distruggerlo, anche se inconsce, sono ancora attive, attuali e virulente, soprattutto nei primi anni di vita. I bambini, anche se ridono di tali immagini, a livello più profondo spessi ne restano sorpresi e impressionati. 

Il grande amore: posso anche essere cattivo

L’esperienza vissuta attraverso il fumetto offre quindi la possibilità di elaborare fantasie erotiche ed aggressive, che comunque potrebbero incontrare forti resistenze ed essere censurate nel caso affiorassero alla coscienza. L’individuo per far fronte a tali minacce interne ha elaborato dei meccanismi psicologici capaci di mantenere l’impulso inaccettabile, e i sentimenti e le idee ad esso associati, fuori dalla consapevolezza. I meccanismi di difesa sono funzionali a poter vivere delle esperienze altrimenti minacciose, nel caso del fumetto uno dei meccanismi di difesa che si attiva più solitamente è lo spostamento.  In questa dinamica si sperimenta lo spostamento dell’impulso istintuale erotico e aggressivo dall’oggetto primitivo ad un suo sostituto, in una perfetta somiglianza tra ciò che è raffigurato nel linguaggio iconico ed il desiderio inconscio. L’oggetto manifesto dell’aggressione sta in realtà al posto di un altro: aggredirlo manifestamente sarebbe troppo angoscioso e moralmente riprovevole. Come il bambino rimuove un impulso aggressivo verso la madre e prende a pedate il gatto di casa, ugualmente nei fumetti l’aggressività viene diretta verso oggetti manifesti per i quali vi è un minore legame affettivo. 

Nei comics la violenza si estrinseca sugli animali, che secondo la teoria freudiana rappresenta il codice morale che si sovrappone all’Io, ma nel momento in cui affiorano alla consapevolezza attivano nel lettore i sensi di colpa che segnalano la minaccia di auto-disapprovazione per agire, o avere intenzione di agire, secondo modi che sono in contrasto con i canoni morali.

Alcune strategie narrative come la distanziazione, l’ambiguità e le tecniche di montaggio permettono di alleviare la possibile sofferenza e quindi ostacolano l’eventuale abbandono della lettura da parte del lettore. L’aggressività risponde al bisogno di uccidere, distruggere, e quindi di simpatizzare con il cattivo, di identificarsi con l’eroe delinquente, la certezza della punizione finale che spesso tocca al cattivo evita l’insorgere dei sensi di colpa ed ha un effetto rassicurante. L’identificazione con il malvagio si attua però solo a livello inconscio, nel senso che a livello cosciente, grazie allo schema interattivo, il lettore sa che la giustizia prevarrà. 

In fin dei conti accade che il lettore può viversi attraverso il bad boy la propria parte cattiva che rimossa alberga nell’inconscio e che può esplorare nelle storie a fumetti.

Questa forma di negazione rassicurante serve da difesa alla possibilità di avvertire l’impulso aggressivo pericoloso, e forse, con l’integrazione dell’esperienza e l’elaborazione attraverso l’eroe di carta del bisogno di violenza, funge anche da salvaguardia da un eventuale esplosione di collera da volere agire nel mondo reale.

I filtri narrativi concorrono ad una strategia di comunicazione evidente e standardizzata dove il protagonista delinquente può avere anche aspetti simpatici e avere come coprotagonista un poliziotto o un tutore della legge, del bene quindi, che però non riesce a vincere mai. Questo secondo personaggio diventa il contro altare all’ideale delinquenziale e personifica le norme morali placando le istanze attivate dal Super Io che potrebbero far scattare il bisogno di censura.

L’aspetto catartico della lettura dei fumetti, la possibilità cioè che attraverso questi prodotti si proceda all’elaborazione di fantasie inconsce si può realizzare perché ogni storia nasce su dei presupposti che creano uno spazio in cui il lettore inconsapevolmente può lasciarsi andare, ovvero la garanzia è nella certezza che il fumetto si basa sostanzialmente su una finzione. 

La distanziazione e l’ambiguità sono necessarie affinché il lettore non si senta esplicitamente coinvolto, quanto più la verosimiglianza diminuisce, tanto più egli si libera in immaginazioni altrimenti censurabili. In contesti estremamente distanziati e inverosimili gli elementi censurabili possono essere anche esplicitati ed illustrati. Quando però la verosimiglianza diventa elemento necessario il fumetto, attraverso codici convenzionali, avvisa il lettore della sua natura fittizia, così accade nei fumetti western o polizieschi che essendo quasi generi letterari, quindi noti al vasto pubblico nei loro elementi chiave, sono di per se stessi codici d’informazione sulla natura fittizia della storia.

Nel western,  i clichés sono ravvisabili nei personaggi tipici come lo sceriffo, i coloni, gli indiani, il pistolero infallibile, l’eroe adamantino e solitario. Sono loro che garantiscono una forte rassicurazione al fine dell’elaborazioni delle fantasie, in questi generi si osserva l’identificazione quasi automatica con l’eroe legalitario, forse una conseguenza della scelta narrativa che si caratterizza per l’assenza di una qualsiasi forma di glorificazione dell’eroe criminale. I cattivi non si personificano mai in un personaggio fisso, sono spesso variabili e comunque lo stesso bad boy non è mai presente in tutte le storie, un escamotage per non offrire al lettore l’occasione di identificarsi nella figura di un cattivo che potrebbe essere vissuto come eroe.

Altro caso tipico di verosimiglianza attutita dall’informazione di una realtà fittizia si trova anche nelle storie di fantascienza, gli eroi traggono potenza e fascino, quasi sovraumani, da meravigliose e perfette macchine del tempo che li portano a vincere in epoche remote o da astronauti con le quali dominano tutte le galassie. Qui l’’invincibilità contenuta entro certi limiti di difficoltà, spesso drammatiche, conferiscono all’eroe sembianze umane di vulnerabilità e di verosimiglianza, conservando comunque la sostanza di un’invincibilità e di una potenza superiori che favoriscono la rassicurazione. 

Con i super eroi il potere invece deriva esclusivamente dalla loro natura sovrumana, in questi casi sembra che la verosimiglianza sia completamente scomparsa. Questi eroi impersonificano i desideri infantili inconsci di onnipotenza e d’immortalità. I limiti essenziali dell’uomo, lo spazio e il tempo, che il bambino impara dolorosamente a conoscere attraverso la separazione e l’attesa, sono infranti.

Il ragazzo di oggi ha una preferenza spiccata verso i super eroi e ciò probabilmente rispecchia anche un dato della realtà contemporanea dove il potere concreto della tecnica sembra garantire illusoriamente la soddisfazione di ogni desiderio, permettendo più facilmente di mantenere l’originaria onnipotenza infantile che il giovane rivive, a livello a fantastico, identificandosi con Superman o con Batman.

Nel fumetto nero i ruoli si stravolgono con Diabolik, pubblicato per la prima volta nel 1963, si assiste ad un primo capovolgimento delle regole tradizionali caratterizzate da una netta e forse semplicistica differenziazione tra il bene e il male: nasce il delinquente eroe, il ladro invincibile. Un’innovazione che lega l’immagine dell’eroe alla capacità di rendere tollerabile al lettore il messaggio, in questo caso il fumetto contiene un grado di compromesso tra le istanze difensive e quelle istintuali e la tecnica espressiva realizzata attraverso il montaggio. Le scelte concorrono a definire le sequenze delle vignette, il posizionamento nella pagina, l’inquadratura dei personaggi.     

Il fumetto nero, al fine di non risultare insostenibile per i lettori utilizza strategicamente la tecnica del posizionamento delle immagini per creare un equilibrio tra le pulsioni primarie, individuate da Freud in Eros e Thanatos Ruoli ulteriormente modificati negli ultimi trenta’ anni, forse anche in conseguenza della realtà sociale che il fumetto rappresenta, sono emersi con Ken Parker, pubblicato nel 1977 e Dylan Dog, nato nel 1986. Questi personaggi realizzano una progressiva demolizione dell’eroe monolitico e interiormente roccioso, del gigante integerrimo che pensa solo alla giustizia e non ha tempo di leggere un libro o di innamorarsi. L’eroe diventa un personaggio abile in molte cose, ma non in tutte, capace di cavarsela nella maggior parte delle situazioni, ma disposto ad arrendersi quando si mette male.

L’eroismo di Dylan Dog è profondamente umano, caratterizzato da debolezze, fragilità e paure, sentimenti vulnerabili e passioni, come una persona qualsiasi. Il suo eroismo è profondamente caratterizzato da debolezze. Ancora oggi Dylan Dog è uno dei fumetti più letto dagli adolescenti, forse in questo uomo normale riescono a trovare il coraggio per sentirsi normali e al tempo stesso speciali, tipici e unici, come il loro eroe di carta.

Bibliografia

Pietropolli Charmet G. (1997), Amici, compagni, complici. Franco Angeli

Quadrio A. (1968), I fumetti nella cultura infantile. I Quaderni di Ikon n.1

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Eco U. (1964), Apocalittici ed Integrati. Bompiani

Bettelheim B. (1977), Il mondo incantato. Feltrinelli

Barberi D. (1991), I linguaggi del fumetto. Bompiani

Mantegazza R. e Salvarani B.(1995), Se una notte d’inferno un indagatore.. istruzioni per l’uso di Dylan Dog. Unicopli

Freud S. (1905), La vita sessuale. Bollati Boringhieri

Ricci R. (2002), Harry Potter. L’avventura di crescere. Edup

Mecacci L. a cura di (2001) Manuale di Psicologia Generale. Giunti

Jung C. G. (1980), L’uomo e i suoi simboli. Longanesi e C.

White R.B. e Gillialand R.M. (1977), I meccanismi di difesa. AstrolabioCalvisi A. (1996) Intervista a Dylan Dog. Theoria

Francesca Pecoraro Scanio

Psicologa e psicoterapeuta, analista bioenergetica. Laureata in Scienze Politiche e in Psicologia Clinica e di Comunità. Specializzata in Analisi Bioenergetica presso la Siab di Roma – Società di Analisi Bioenergetica – affiliata all’Intenational Istitute for Bioenergetic Analysis di New York, IIBA

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